domenica 14 novembre 2010
La tempesta dall'Odissea di Omero
Così dicendo radunò i nembi, sconvolse il mare
brandendo il tridente, tutti scateno i turbini
di tutti i venti, e coperse di nubi
la terra e il mare; notte venne dal cielo.
Insieme Euro e Noto piombarono e Zefiro che soffia violento,
e Borea figlioe dell'etere, che il gran flutto rovescia.
Allora si sciolsero petto e ginocchia a Odisseo,
e disse irato al suo cuore magnanimo:
"O me infelice! che ancora mi capita?
.....................................................................
Mentre dicea così, gli s'avventò un'onda altissima,
con terribile impeto, e fece girare la zattera.
Lontano, fuori dalla zattera fu sbalzato e il timone
lasciò andare di mano: in mezzo si spezzò l'albero
sotto l'orrenda raffica dei venti lottanti,
lontano la vela e l'antenna caddero in mare.
Molto tempo rimase sommerso, non fu capace
di tornare a galla, sotto l'assalto della grande onda:
le vesti lo appesantivano, che Calipso lucente gli aveva donate.
Finalmente riemerse e dalla bocca sputò l'acqua salsa,
amara, che a rivi gli grondava dal capo.
ma pur così affranto, non si scordò della zattera,
e slanciandosi dietro fra l'onde la riafferò,
vi sedette nel mezzo, evitando la fine.
Omero, Odissea, (trad. Rosa Calzecchi Onesti), Einaudi, Torino 1972 - Libro V, vv. 291-326.
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